Ognuno di noi ha conoscenze
specifiche e approfondite in qualche campo, normalmente dove opera
professionalmente. Tutti coltiviamo qualche interesse più o meno nobile, più o
meno colto, e in quel campo possiamo vantare conoscenze almeno al livello di
buoni dilettanti.
Tutti spizzichiamo informazioni qua e là, seguendo percorsi apparentemente casuali, ma in realtà seguendo il nostro istinto di navigatori della conoscenza, che si muovono sulla superficie, senza approfondire, ma assaggiando il sapore dei saperi un po’ qua e un po’ là. Sulle conoscenze che abbiamo si formano le nostre opinioni quanto mai ambite da politici e venditori: quanto più superficiali e disorganizzate le nostre conoscenze, tanto più grigie e manipolabili le nostre opinioni.
Quante conoscenze ci mancano,
però. Oggi abbiamo a portata di clic moltissime informazioni, non abbiamo nemmeno
più bisogno di accendere il computer, ci basta estrarre uno smartphone dalla
tasca per chiedere a Google una data, un nome, due righe di informazione su
qualunque argomento, quel tanto che basta per non fare brutte figure. Per
questo probabilmente non abbiamo più bisogno di ricordare molti dettagli, ma c’è
tutto un sapere che non troviamo su Google per la quale avremmo bisogno di
maestri.
Quando dico “maestri” intendo
proprio i maestri delle scuole elementari, quelli in grado di trasmetterci le
conoscenze che restano scolpite, scavando dentro di noi solchi nei quali si
depositano ed acquistano significato le nozioni, anche quelle spizzicate all’ultimo
momento su Wikipedia. Di fronte all’abbondanza di nozioni, non abbiamo bisogno
di altri dettagli o di altro “surfing”, ci servono maestri che scavino quel
tanto che basta per permetterci di organizzare le nostre conoscenze. Non ci servono
professori, quelli li abbiamo avuti all’università o nel lavoro, magari noi
stessi siamo professori di qualche materia. Ci servono maestri che aumentino il
nostro grado di conoscenza elementare lasciando tracce, che sappiano unire alla
conoscenza anche la “virtute”, che insieme alle nozioni trasmettano senso
critico e passioni. Il bello è che, quando incontriamo uno di quei maestri, ci
mettiamo in ascolto come scolaretti.
Ho avuto la fortuna di avere una
grande maestra e ancora oggi riconosco che il modo in cui organizzo le mie
conoscenze poggia sulle tracce aperte da lei. Il rigore grammaticale, l’ordine
nel comporre, la struttura delle carte geografiche, la cronologia storica e i “medaglioni”
dei personaggi con tanto di interpretazione morale, la struttura fondamentale
del corpo umano: sono alcuni frutti dell’”imprinting” della mia maestra.
Chi è un maestro così? E’ lo scienziato
che ci apre i segreti delle sue osservazioni facendoci capire con esempi semplici
la trasformazioni che ci sono all’interno di fenomeni molto complessi. E’ il
linguista che ci fa notare somiglianze tra idiomi diversi animando aneddoti o
storielle che ci fanno ridere. E’ l’amica esperta di botanica che non sciorina
conoscenze enciclopediche, ma ci fa osservare il particolare di un fiore mentre
ne apprezza la grazia. E’ la guida alpina che, mentre ci accompagna ad
arrampicare, ci racconta la storia dei popoli della montagna.
Un maestro sa svegliare la nostra
curiosità, fa girare le rotelle del nostro cervello, mette in relazione campi
diversi e nello stesso tempo riesce a sistematizzare conoscenze. Non è
sufficiente raccontare aneddoti curiosi - per quello ci sono le riviste, i
blog, i mattatori televisivi -, bisogna saperli collocare nello spazio e nel
tempo, trasmettere i fondamentali di uno schema più generale. Non occorre
approfondire – per quello ci sono gli esperti e gli specialisti -, ma
collegare, proprio come fanno i bravi maestri elementari.
Forse anche noi potremmo dare il
nostro contributo se qualche volta sapessimo scendere dalla cattedra dei
professori, adottare un linguaggio comprensibile ai non esperti, raccontare
storie, lasciare un segno.
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