A Torino siamo democratici un anno sì è un anno no. Dico subito il nome ed il cognome di quanto ha scatenato la mia indignazione: Biennale Democrazia. Quelli di sinistra ne vanno pazzi, tutti a riempire le comode poltrone del Teatro Regio appesi alle labbra di intellettuali vecchi, mentre in periferia e in provincia giovani jihadisti nostrani organizzano il terrore connettendosi al web.
Quest'anno si parlava di passaggi (de che?) e li hanno perfino rappresentati con un'opera d'arte piazzata nel bel mezzo della piazza più bella del mondo, che per alcuni giorni è stata tagliata in due da un muro posticcio di aspetto macilento. Decantato dall'intellighenzia sempre più radical e sempre meno chic, a me sembra un obbrobrio senza senso che toglie prospettive a Piazza San Carlo. Il fatto che sia costruito con cartone riciclato non giustifica.
Se fossi un turista proveniente dal mondo normale, mi chiederei semplicemente che lavori stanno facendo lì in mezzo e perché non hanno coperto le impalcature con qualche manifesto pubblicitario interessante, che oltretutto pagherebbe anziché essere pagato. La tragica ironia è che quest'opera si chiama "muro delle idee", infatti il color cacca ne riflette la miseria (delle idee).
Indignata ed incuriosita sono andata a consultare il sito di Biennale Democrazia sul mio smartphone, ma le pagine web sono illeggibili, sviluppate con una tecnologia che nel 2015 non usano più nemmeno i panettieri. Eppure pontificano su Internet, la libertà del web e la democrazia in rete con una serie di informazioni inesatte. Bisognerebbe conoscere le cose, prima di parlarne.
Siamo proprio un paese di vecchi: fermi a difendere le posizioni passate, mentre il resto del mondo viaggia con Uber.
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