Il dibattito intorno alle elezioni regionali in Piemonte non ha toni esasperati né evidenzia visioni diverse del futuro in modo fortemente contrapposto. Questo fa apparire troppo tranquilla la discussione, quando paragonata alla sanguigna campagna elettorale condotta a livello nazionale non da candidati, bensì da esponenti del Governo.
Costoro, infatti, stanno infiammando queste giornate ciascuno "pro domo sua", dimenticando che il loro ruolo istituzionale implica la difesa degli interessi di tutti i cittadini, non solo di coloro che li hanno eletti.
Eppure, in Piemonte, in questi giorni pullulano ad ogni angolo appuntamenti elettorali, molti hanno voglia di ascoltare e di far sentire la loro voce. Sono incontri che non fanno scalpore, spesso sono condotti a livello fortemente locale, ma in questo modo danno l'opportunità di esprimersi anche a chi non parlerebbe mai in un comizio.
Chissà che proprio dal Piemonte, ancora una volta, parta qualcosa di nuovo nei modi di fare politica con un tono più pacato, più ragionevole e, tutto sommato, più maturo. A ben guardare, si può essere avversari senza essere nemici, si può litigare sulle cose senza offendere le persone, a volte si può anche essere d'accordo con altri senza venir meno ai propri principi.
Occorre ricordare, poi, che la buona educazione non è un'arte praticata dalle madamin nel salotto buono, ma è il fondamento stesso della democrazia. Soltanto attraverso il rispetto delle opinioni degli altri si può esercitare il dibattito costruttivo e tale rispetto passa per le buone maniere del vivere civile.
Certamente candidati che non litigano non fanno notizia, così diventa più difficile vendere i giornali, ma questa è un'altra storia.
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