Ringrazio l'amica che oggi mi ha abbracciato perché, appena ha capito la mia gioia di rivederla, non ha esitato che un attimo prima di buttarmi le braccia al collo.
Un gesto così spontaneo era normale fino a tre mesi mesi fa, quando ancora avevamo ben presente che abbracciarsi è il primo modo per riconoscersi tra umani che si vogliono un po' bene. È il modo per annusarsi ed affermare che siamo tutti della stessa razza, che viaggiamo tutti nella stessa nave, forse che siamo insieme sullo stesso precipizio.
Mi fanno orrore i saluti lanciati da lontano, i baci per finta simulati nell'aria, tutti spediti con la mimica del "vorrei ma non posso". Questo sono il segno della resa, della rinuncia all'essere umani. La scusa ufficiale è proteggere gli altri, ma allontanare l'altro da sé è un gesto atroce.
Infatti, il distanziamento sociale è richiesto, incoraggiato, premiato, lodato e politicamente corretto, ma è contro il nostro essere più profondo che ci vuole fratelli e sorelle nel bene e nel male. Così, nel nome di un virus, abbiamo distrutto in pochi giorni il potere più forte della resistenza umana: la solidarietà.
Chi oggi non mi abbraccia, domani potrebbe essere quello che mi lascia nella merda se ho bisogno.
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