Pubblicata sulle Lettere al Corriere
In una sera di inizio settimana, facciamo martedì, mi trovo in zona San Salvario uscendo da teatro poco dopo le 22:30. Piove a dirotto.
Vorrei prendere un taxi, ma rischio di attendere a lungo sotto la pioggia a causa della folla di persone che, come me, stanno uscendo dallo spettacolo. Apro l'ombrello e mi incammino sperando di trovare un'auto al più vicino posteggio taxi, che però è deserto. Escludo di andare alla fermata del tram, sospettando che potrei ammuffire nell'attesa.Ecco allora che mi viene un'idea geniale: potrei camminare fino alla stazione della metro, rifugiarmi all'asciutto della prima carrozza ed arrivare velocemente fino a casa. Continuo a camminare finché scorgo da lontano l'agognato segno M, che sotto la pioggia scrosciante sembra un miraggio.
Ebbene, quando finalmente arrivo, scopro che un miraggio lo è davvero: luci accese, ma cancello sbarrato e nessun servizio di trasporto (scoprirò più tardi che l'ultima corsa parte dal capolinea alle 21:30). Sconsolata, riprendo il mio cammino per arrivare fino a Porta Nuova dove deciderò il da farsi.
Intanto penso con tristezza che, in quanto a trasporti, la nostra città è molto arretrata (mio padre direbbe in piemontese "pi 'ndarè che la côa dl crin", ossia più indietro della coda del maiale). Tuttavia, se ci fossero le competizioni sull'ampiezza e profondità delle pozzanghere, potremmo ambire tranquillamente ai primi posti.
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