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mercoledì 20 gennaio 2016

Napuli

C'erano una volta i Napuli. Con questo epiteto, pronunciato rigorosamente in piemontese, si chiamavano le persone arrivate a Torino dal Sud Italia, non necessariamente dalla città di Napoli. Il termine Napuli veniva spesso arricchito da aggettivi che ne denotavano meglio i contorni andando da quelli spregevoli fino al quasi poetico "Napuli ma brav" ("meridionale, ma bravo"), pronunciato con una pausa appena percettibile prima del "ma".

In quei tempi erano permessi i cartelli "Non si affitta ai meridionali", c'erano ortaggi definiti "verdure dei Napuli" e perfino nelle famiglie piemontesi di mentalità più progressista era consentito parlar male di quelli del Sud, purché con un certo contegno. La traduzione italiana di Napuli era immigrato, parola che lasciava sconcertato qualunque straniero: come potevamo chiamare immigrazione un fenomeno di spostamento di persone all'interno della stessa nazione? 

Con il tempo la Grande Fabbrica trasformò gli ex-braccianti in qualificati operai, lo sviluppo economico portò lavoro e benessere per la maggior parte di noi, così vivendo fianco a fianco ci abituammo gli uni agli altri e alla fine, studiando nelle stesse scuole Piemontesi e Napuli, finimmo di sentirci tutti quanti Italiani. Ora anche nelle famiglie piemontesi più osservanti si mangiano le orecchiette con le cime di rapa e la parola Napuli fa quasi tenerezza: si dice al bambino, al fratello, all'amica inglese dotata di senso dello humour.

La Storia va avanti, altri diversi da noi arrivano a frotte non con le valigie di cartone dalle patrie ferrovie, ma con improbabili fagotti da barconi pericolanti o da percorsi più tortuosi. È arrivato anche il gendarme del politicamente corretto, così li chiamiamo tutti migranti, anche se questa volta arrivano davvero da territori al di là dei nostri confini nazionali. Intanto noi Italiani siamo stremati dalla crisi economica mondiale aggravata da fenomeni tutti nostri, perdiamo reddito e sicurezze, siamo incerti del futuro. La paura del diverso serpeggia proprio negli strati più deboli della popolazione che si sentono minacciati e respingono il nuovo, come se per tornare ricchi e felici all'interno dei nostri confini bastasse eliminare l'euro e l'uomo nero, magari anche i gay che mettono in discussione la famiglia tradizionale e la TAV che deturpa (?) la valle di Susa.

Il contatto ravvicinato con persone di culture così diverse dalla nostra, Piemontesi o Napuli che siamo, crea senza dubbio attriti e richiede strumenti che spesso mancano, eppure non possiamo far altro che cavalcare il fenomeno tutti insieme: i politici con azioni adeguate, gli operatori sociali con interventi di gestione delle migrazioni, noi tutti con un atteggiamento di rispetto tra persone, ricordando che siamo stati tutti Napuli per qualcun altro.

2 commenti:

  1. Nonostante l'etá e le difficoltá sei sempre forte e hai un'apertura mentale che i giovani della mia etá non hanno.sono sempre orgoglio di te!a parte le parole lo dimostri coi fatti

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  2. Parole sante!
    Grazie per questo scritto, brillante Giovanna! Parola di una Napuli :)

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