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domenica 11 gennaio 2015

Kindness

Può succedere che una signora trafelata ritorni a tarda ora dal lavoro pensando al frigo di casa semivuoto e si imbatta in una bancarella di contadini che sta ritirando la merce per tornare a casa. Può succedere che chieda gentilmente se può ancora acquistare qualcosa e trovi dall'altra parte del banco un signore infreddolito che scelga per lei il cavolo più compatto (la signora è digiuna di conoscenza sulla durezza dei cavoli), bonariamente la ammonisca quando scambia porri per cipollotti e infine riempia due borse con i suoi prodotti, che per lei saranno la salvezza da un weekend privo di sapore o, peggio, da una corsa di sabato al supermercato.

Può succedere che una signora quasi sempre assente dalla sua residenza ufficiale visiti la buca delle lettere, quella cassetta di legno dalle linee aggraziate che si trova nell'androne del condominio e il cui contenuto ancora non viene travasato nella Mail App del suo iPhone. La signora apre la suddetta con la chiave (non serve una password gentilmente memorizzata dal browser) e vi trova uno di quei foglietti arricciati che denunciano la scadenza di una raccomandata. Può succedere che la signora non venga colta dal panico perché potrà ritirarla al suo ufficio postale aperto presto a mattina dove ci sono persone gentili che si fanno in quattro per risolvere i piccoli problemi che spesso si presentano. Sorridono pure, ormai ne riconosce le facce e sa che può fidarsi.

Può succedere che una signora poco pratica di viti e bulloni frequenti un negozio di ferramenta che sembra appartenere al mondo di altri tempi. Le pareti sono tappezzate da minuscole cassette di legno ordinate ed etichettate ciascuna con un esemplare del contenuto; ci sono pannelli con appesi ordinatamente gli arnesi più improbabili (per lei) e ogni angolo è stipato di oggetti probabilmente utili. Può succedere che il titolare, riservato e gentile, sappia consigliarle gli attrezzi migliori senza farle pesare la sua ignoranza nel campo, poi prepari pacchettini con strappi della carta di giornale (non legge su iPad, lui), così la signora scopre che a volte per tuffarsi nel mondo delle favole bastano settanta centesimi.

Può succedere che una signora indaffarata, in qualunque giornata scandita da impegni, incontri  un negoziante cortese, una passante con il sorriso, un ambulante che ha voglia di scherzare, un'impiegata che si dà da fare anche se non previsto dal regolamento, un'infermiera comprensiva, una persona anziana che le regala una parola buona, una collega di buon umore, un amico che le fa un complimento mentre le offre una brioche. Quando capita, le vien voglia di cantare (lo fa solo dentro di sè, non oserebbe mai farlo davvero a voce piena), si sente più leggera e capisce che la vita non è "vivre" ma "savoir vivre".

Gentilezza vuol dire far parte di una famiglia, la "gens" latina, la grande famiglia del genere umano, e far sentire l'altro parte della stessa famiglia. Guarda caso, anche in inglese l'aggettivo gentile è "kind", esattamente come il sostantivo "kind" che significa famiglia. Una persona gentile, dunque, appartiene e ci fa sentire di appartenere alla stessa famiglia. 

Come si fa ad essere gentili? Servono attrezzi fatti di parole ("grazie", "buongiorno", "s'immagini"), di gesti, sguardi e tono della voce. Serve un animo sereno e ben disposto verso i nostri simili. Soprattutto serve molto allenamento: si comincia quando i genitori insegnano a fare "ciao" con la manina e chiedono di ripetere il gesto ogni volta che si incontra qualcuno, poi bisogna esercitarsi sempre, meglio per alcuni millenni.

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