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giovedì 6 giugno 2013

Maestra 2.0

Questo pezzo è stato scritto ad ottobre 2010 e pubblicato da La Stampa tra le Lettere al Direttore.


La maestra Margherita Calvo insegnava a noi bambine nate negli anni ’50 la calligrafia e le regole del comporre. Gli strumenti del mestiere erano penna, calamaio e sussidiario, dunque era indispensabile che i pennini fossero appuntiti e il libro senza «orecchie». Al termine della quinta faceva comporre diari con testimonianze di tutte le compagne e aggiungeva di suo pugno una nota per ciascuna di noi.


Provo ad immaginare la mia maestra ai giorni nostri: entrerebbe in classe sempre dieci minuti prima dell’inizio delle lezioni, vestita in modo sobrio con l’immancabile filo di perle e, sotto il braccio, il laptop chiuso in un’elegante custodia di colore bordeaux scuro (nel periodo estivo studierebbe i segreti dei tabletPC, per non arrivare impreparata ad affrontare gli scolari del prossimo ciclo). 

Pretenderebbe grammatica impeccabile e solide conoscenze della videoscrittura: guai a chi sbaglia formattazioni e indentazioni o non utilizza spaziature adeguate all’occhio di chi legge.

Profondamente religiosa, rispetterebbe le compagne di altro credo e le incoraggerebbe a praticare ardentemente il loro culto. Per comprendere meglio la storia ci farebbe ricercare in rete documenti o immagini di oggetti del tempo che fu e come sarebbe contenta di spaziare sulle mappe online, lei che ci insegnava geografia a partire dalla pianta della classe! In quinta preparerebbe insieme alle scolare un social network in cui raccogliere le esperienze più significative (solo quelle!) e vi scriverebbe le sue raccomandazioni per il loro futuro.

Sarebbe meno arretrato il nostro paese se ci fossero in giro maestre così, che non demonizzano la tecnologia ma la conoscono e la utilizzano al meglio, senza deroghe sui metodi e sui valori. Peccato che tutta una parte dell’establishment culturale e letterario continui a ignorare le potenzialità dell’informatica e, anzi, tratti la materia con supponenza.

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